I Quaderni, periodico del Gruppo Poesia 83, ormai al XVIII anno di pubblicazione, escono a cura del Servizio Provinciale Attività Culturali e dell'Assessorato alla Cultura della Provincia di Trento, normalmente in 350 copie. Di cui più di 200 vengono spediti via posta ai soci simpatizzanti, poeti e anche no, e il resto offerti a operatori culturali, presidenti di associazioni di scrittori, critici letterari, biblioteche, circoli, ecc.
Sessanta pagine contenenti, oltre alle poesie dei soci del Gruppo, articoli trattanti diversi argomenti, generalmente letterari, in primo luogo la poesia, ma anche la prosa, recensioni di libri, presentazioni di opere poetiche, saggi su poeti anche di levatura nazionale e internazionale, oltre a vari altri argomenti di diversa natura ( filosofia, religione, storia, musica, ecc. ) In più, in ogni numero, un inserto staccabile: I FERRI DEL MESTIERE, appunti di grammatica, sintassi, di retorica, metrica, stilistica, ecc.,
Chiunque desidera abbonarsi, può farne richiesta anche al presidente del Gruppo Poesia 83, dott. Italo Bonassi ( la spesa per un anno, ossia sei numeri, è attualmente ancora di 10 euro, praticamente le spese postali ), aggiungendo il proprio indirizzo, e-mail e numero di telefono.
L'abbonato potrà vedersi pubblicati i propri scritti ( poesie o racconto breve ) senza ultriore spesa.
Dott. Italo Bonassi, via Benacense 77 bis A / 6, 38068 Rovereto ( Trento )
tel. 0464-424836 [email protected]
Il n. 6 dei QUADERNI ( novembre-dicembre 2013 ) nel suo inserto I FERRI DEL MESTIERE ( appunti di grammatica e sintassi ed eventuali divagazioni sulla poesia ) ricorda alcune curiosità della nostra grammatica , curiosià che non tutti sanno.
Ad esempio:
la paroletta nonostante, che, se introduce una proposizione, deve senpre essere seguita dalla congiunzione che:
Nonostante che piovesse, nonostante che fosse tardi, nonostante che me l'abbiano sconsigliato.
In questo caso nonostante significa praticamente: "non esssendo di ostacolo il fatto che"
Oggigiorno, per brevità, avendo sempre fretta, c'è l'abitudine di saltare via il che , o piuttosto, più che fretta, è non conoscenza del vero significato del termine nonostante, perché togliendo il che non si risparmia certo tempo.
Per fortuna che il senso non cambia, come cambia invece, e di tanto, quando si salta via la parolina affatto.
Allora, sei soddisfatto? Affatto!
Allora, sei soddisfatto? Niente affatto!
Nel primo caso chi risponde affatto vuole intendere che è pienamente soddisfatto, e nel secondo caso che non è per nulla soddisfatto, anzi.
Infatto affatto significa: pienamente, completamente, del tutto. Un piccolo particolare, pare, ma che rovescia completamente il significato che si vuole dare, un po' come voler rispondere sì e rispondere invece no.
Altra curiosità l'espressione: per quanto, che ha due significati, uno limitativo e uno concessivo.
Quello limitativo: per quanto so ( = limitativamente a quanto so ): oggi piove, ma, per quanto so, lo sciopero si fa lo stesso ( quindi al per quanto segue l'indicativo so )
e quello concessivo: per quanto si sia ( = sebbene ): per quanto si sia dato da fare, non ce l'ha fatta; per quanto lo si sia detto e ripetuto più volte. In questo caso dopo il per quanto ci vuole il congiuntivo sia.
Un'altra chicca : la congiunzione se.
Quando introduce un'ipotesi, vuole sempre il congiuntivo: se tu fossi, se lui andasse, se tu lo facessi, ecc.
Quando invece introduce un'interrogativa diretta, vuole sempre il condizionale: mi domando se potrebbe aiutarmi (e non se potesse ) ; non so se sarebbe stato meglio ( e non: se fosse stato meglio ).
Italo Bonassi
QUADERNI
anno XVIII n° 1 gennaio - febbraio 2014
Oggi 24 gennaio è uscito il nuovo numero dei bimestrali QUADERNI, quello di gennaio-febbraio
Chi fosse interessato può riceverne gratis una copia rivolgendosi alla segretaria del Gruppo Poesia 83, Nives Cristoforetti:
Nives Cristoforetti, via Luigi de Campi, 9, 38121 TRENTO tel. 0461-827423 349. 9195439
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L'abbonamento annuo ( 6 numeri ) è di 10 € I numeri vengono da noi spediti direttamente per posta ogni due mesi, spese postali a nostro carico.
Gli abbonati diventano " soci simpatizzanti" e possono vedersi pubblicati senza alcuna spesa i loro scritti sui Quaderni.
In questo numero troviamo le seguenti interessanti recensioni :
Il Buddismo, di Silvano Demarchi, Bolzano
Conversando con Federico Garcia Lorca, di Rita Parodi Pizzorno, Genova
Lionello Fiumi, poeta fondatore del Realismo lirico ( 1894-1973 ), di Italo Bonassi, Rovereto
Vertiginosamente, l'ultima raccolta di poesie di Renzo Francescotti, Trento, a cura di Italo Bonassi
La parete, romanzo di Marlen Haushofer ( 1920-1972 ), a cura di Alessandra Bonassi Vivaldi, Arco di Trento
Il fruscio delle stelle del mattino, di Alessandra Bonassi Vivaldi
Espedita Grandesso, una scrittrice veneziana da conoscere meglio, di Maria Antonietta Rotter, Trento
Cos'è questa Apocalisse? , IX puntata, di Italo Bonassi
Ferdinado Bandini, premio Montale 2012, di Nadia Reina Scappini, Trento
Oltre a poesie dei soci, novelle, pagine dedicate ai soci simpatizzanti, un inserto con "appunti di grammatica e sintassi ed eventuali divagazioni sulla poesia.
La nostra lingua in crisi
Riporto qui alcuni stralci di un mio articolo comparso sui QUADERNI di settembre / ottobre 2009, ancora d'attualità, riguardante la situazione della nostra lingua al giorno d'oggi.
"Dunque quelli della Lega sono dei cattivi italiani perché chiedono di valorizzare i dialetti. Io non sono per il loro insegnamento nelle scuole, meglio semmai insegnare l'inglese. Sarebbe però anche bene insegnare meglio la lingua italiana, o, ancor meglio, insegnarla a tanti cattivi insegnanti. E ai giornalisti che a poco a poco vanno istituzionalizzando certi strafalcioni ( non c'aveva nulla da fare ).
Le condizioni in cui versa la nostra lingua nazionale si possono desumere da un'inchiesta di Eta Meta Research ( ma non potevano fare anche loro a meno dell'inglese? ), secondo la quale in tivù va in onda uno strafalcione ogni 11 minuti, telegiornali compresi. Allora, valorizziamoli, sì, i dialetti, ma anche l'italiano.
Ricordo che la valorizzazione della nostra lingua 5 anni fa trovò l'opposizione della Sinistra estrema ( che aveva un suo esponente presidente della Camera ), quando si trattò di proclamarla costituzionalmente la lingua ufficiale dela Repubblica. Perché temeva che la conoscenza dell'italiano diventasse una condizione obbligatoria per la concessione della cittadinanza agli stranieri, e che quindi avrebbe frenato gli ulteriori arrivi, che la Sinistra probabilmente desiderava, di altri immigrati."
"Studi fatti dall'OCSE sui laureati italiani hanno messo in evidenza che solo 21 su 100 sanno comprendere una pagina scritta che superi il livello delle Scuole Elementari. Secondo gli studiosi il problema principale è nella scuola, nella quale si sottovaluta l'importanza, oltre che della grammatica e della sintassi, anche dell'ortografia e della corretta pronuncia delle parole. Secondo l'ISTAT 10 laureati su 100 non leggono un libro ch'è uno.
Non meravigliamoci allora del congiuntivo, diventato oramai una cosa ignota, un UFO.
Se si pensa poi che la nostra popolazione attuale è di quasi 60 milioni di abitanti, di cui più di 1.400.000 mussulmani ( quindi tutt'altro che esperti della nostra lingua ), e che il loro incremento annuo è attualmente sulla media del 10%, nel 2050 si prevede che noi italiani, scesi al 50%, ci dovremo preparare ad essere una minoranza protetta come lo sono gli indiani nelle riserve protette d'America. Stranieri a casa nostra.
E allora rimpiangeremo i bei tempi del cattivo uso del congiuntivo e dei non c'ha nulla da fare della nostra stampa. "
Italo Bonassi, QUADERNI n.5 settembre/ottobre 2009
Italo Bonassi
HO FATTO UN SOGNO
Ho fatto un sogno. Con me c'era mio padre, ne distinguevo appena il volto. Un sogno. Od un pensiero in cui, chissà come, ero scivolato fisicamente, e lui, Giona nel ventre della balena, era lì, in attesa.
"Sei venuto anzi tempo, se avvisavi lo dicevo a mamma, non vede l'ora di vederti, ma aveva un impegno col suo angelo. E' a Pola. Ricordi Pola? Ti ci avevo portato ch'eri bambino..."
Oh sì, la foto, con babbo, mamma e l'Arena sullo sfondo, davanti a noi. E il mare alle nostre spalle.
"Babbo, ma non sei morto?"
Babbo scosse la testa: "La morte è cosa di voi uomini, io sono qui , vivo, e anche mamma è viva, e tuo fratello e tua nonna..."
No, pensavo, è un sogno, un deja vù, e anche il mare, e l'Arena che spiccava in lontananza, spettrale, tutto era un'unica finzione immaginaria. Un attimo, e sarebbe svanito.
"Babbo, ma è così la morte? Un ritorno delle cose all'origine, nel ventre della terra, e rinascere e rivederci tutti insieme, ombre in un sogno di luce?"
Babbo si accese la pipa e mi sorrise.
"Per te è un sogno, ma è l'eternità. E' qui, e tu ci stai nel mezzo, e vivi e muori e non sai ch'è tutto eterno. Tutto, l'Arena, il mare, le case sul promontorio, quel vaporetto in lontananza, il suo fischio allegro, tutto è la mia piccola eternità che mi porto dentro con la morte. Pola, Pisino, Umago, Canfanaro, Capodistria, Fiume. Chi muore porta con sé tutto ciò che non ha avuto o che ha perso, un sorriso, un carezza, un amico, un amore. Io ho portato qui con me il mio amore: un pezzo della mia terra, un pezzo d'Istria, quella di una volta, quando ci stavano gli istriani, e non gli slavi. "
Lontano, un'esile figura di donna mi salutava. Era lei, mia madre.
( da QUADERNI, n° 2, marzo-aprile 2014 )
GLI ITALIANI o GL'ITALIANI?
Curiosando qua e là nella Guida pratica dello scrivere di Aldo Gabrielli, mi piace riportare, a proposito delle elisioni, alcune precisazioni che potrebbero sembrare, ma non lo sono, ovvie. Ovvie naturalmente per chi si crede assoluto padrone della lingua italiana. Vediamo così come si deve scrivere, per esempio: io lo ho saputo, oppure io l'ho saputo. La grammatica lascia ampia libertà di scelta, si può mettere o no l'apostrofo. Tutto è affidato al buon gusto ed anche al cattivo gusto di chi scrive. Come nella frase, andando fuori tema, fra fratelli ci s'intende, non si fa un errore di grammatica ma una semplice cacofonia con quei due fra di seguito ( fra fratelli ). Il buon gusto, non la grammatica, ci dice di scrivere tra fratelli.
L'elisione ( e di conseguenza l'apostrofo) è obbligatoria, come si sa, negli articoli lo, la, una, nelle preposizioni articolate con lo e la ( dello, dallo, nello, sullo, allo, ecc. ), e basta più. Tutto il resto è facoltativo. Devo quindi scrivere l'uomo ( e non lo uomo ), l'amica, sull'onda, nell'asprezza, dell'ombrello.
Quando poi si deve andare a capo, non si deve scrivere dello, e, nella riga sotto, uomo, come fanno molti, bensì dell' e poi, nella riga sotto, uomo.
Ma siamo nel campo minato nelle regole non sempre seguite da chi scrive.
E' facoltativo elidere l'articolo plurale gli, però solo davanti a una parola che inizia con la i ( gl'italiani ), ma mai con le altre ( erratissimo gl'occhi, gl'uomini ), facoltativo è anche elidere l'articolo plurale le davanti a una parola che inizia con la e ( l'edere, l'erbe, ma mai l'amiche ), così come è più elegante elidere le forme atone lo e la dei pronomi personali di terza persona ( io l'ho visto, lui l'ha sgridata suonano assai meglio di io lo ho visto, lui la ha sgridata ). Facoltativo è anche elidere le particelle pronominali mi, ti, si, ci, vi ( m'accompagnò, s'accomodò, non c'è nulla di nuovo, non v'è altro da dire, t'abbiamo detto, ecc., suonano meglio di: mi accompagnò, si accomodò, non vi è altro da dire, ti abbiamo detto; non ci è altro da dire è orribile ma non un errore vero e proprio, il buon gusto ci fa preferire non c'è altro da dire ).
Qualche volta, anche se lecito, è brutto elidere la preposizione semplice di ( dire: il padre d'Italo sta male, sta invece bene, anzi è preferibile il re d'Italia, la regina d'Inghilterra ). Quindi in certi casi si tratta di un semplice buon gusto, come ad esempio forse è meglio scrivere tu ed io piuttosto che tu e io .
Lo stesso vale per la preposizione da : viene da Ancona è più elegante di viene d'Ancona, che si dovrebbe evitare, ma su cui qualcuno chiude un occhio.
Questo ci dice il Gabrielli. Poi, all'atto pratico, molti dimenticano le regole. Una però resiste, finora, quella che si riferisce all'articolo maschile lo: tutti scrivono l'uomo, l'onore, l'umido, l'esule ( nessuno si sognerà di scrivere lo uomo, lo onore, lo umido, lo esule, almeno si spera ), e altrettanto vale per le relative preposizioni articolate del, dal sul nel, ecc. ( dell'onore, all'esule, ecc. )
Per non parlare poi dell'imperdonabile strafalcione di moda non c'ha nulla da fare, non ch'aveva altro da dire, ecc., segno di assoluta ignoranza della grammatica.
da. QUADERNI, n. 4 di luglio-agosto 2013
Davanti San Guido o Davanti a san Guido?
Ricordate la famosa poesia del Carducci " Davanti San Guido"? ( i cipressi che da Bolgheri alti e schietti / vanno a San Guido in duplice filar...) Naturalmente non ha sbagliato a scrivere "davanti a San Guido", ma andrebbe bene anche "Davanti San Guido". Io personalmente lo scrivo senza la a.
Neanche la Tosca sbagliava a cantare "davanti a lui tremava tutta Roma", perché la preposizione davanti può anche fare a meno , come detto, della a, anche se è più comune mettercela.
Lo stesso vale anche per dinanzi ( dinanzi la chiesa o dinanzi alla chiesa, giuste ambo le forme ), ma non per innanzi, che vuole sempre la a: Innanzi alla chiesa.
Dietro, che ne è l'opposto, non vuole invece la a: dietro il muro. Errato: dietro al muro.
Avanti, se si usa solo per indicazioni di tempo, non vuole mai la a: quinto secolo avanti Cristo, avanti notte.
Dopo non vuole mai la a: dopo la battaglia, dopo Cristo.
Sopra, sotto, su, dentro, contro, senza non vogliono mai la a: sopra la panca, sopra le nuvole, sotto il letto, dentro l'armadio, contro il muro, senza la moglie. Ma quanti scrivono sbagliando sopra alle nuvole? Tanti. Ho discusso con una professoressa che sosteneva che si dice: l'aereo vola sopra alle nuvole quando vola molto alto sopra le nuvole, e sopra le nuivole quando vola solo di poco sopra di esse. Allucinante...
Fuori invece vuole la preposizione di: fuori di me. mi trovo fuori della città, o la preposizione da in caso di "moto a luogo": sono andato fuori dalla città
Davanti, dietro, prima, dopo, sopra, sotto, dentro, contro, su, tra se posti davanti pronomi personali richiedono l'aggiunta della preposizione di o a: davanti a lui, dietro a lui, dentro di noi, fuori di lei, sopra di lui, prima di lui, dopo di lui, contro di me, conta su di me, detto tra di noi
Oltre, se usato con funzione di tempo o di luogo si collega direttaamente al sostantivo: oltre le mura. Se ha il valore di "in aggiunta" vuole sempre la a: Oltre al danno, le beffe, oltre a ciò ti dico che...
( QUADERNI n. 3 maggio-giugno 2014 )
PER CUI O PERCIO'
Molti, e tra questi alcune delle grandi firme del giornalismo, adoperano la forma espressiva "per cui" in luogo della forma corretta "perciò", o "per questo motivo" et similia, quindi scrivono: "piove, per cui non esco". E' un uso, questo, che va contro le leggi grammaticali. Ma come è nato? Con ogni probabilità la sua nascita ( errata ) si spiega con il fatto che si dà al pronome relativo "cui" lo stesso significato neutro che si dà al pronome relativo "che", vale a dire l'accezione di "la qual cosa", formando in tal modo il costrutto "per cui" nel senso di "perciò".
Chi ama la nostra lingua faccia attenzione a non cadere in questo errore. Non dica o non scriva: "ieri c'era stato lo sciopero, dei mezzi di trasporto, per cui non aveva potuto raggiungere il posto di lavoro" ( letto in un quotidiano ), ma: "per la qual cosa" o "per tale motivo" o, più semplicemente:"perciò."
LA FIGURA DEL CIOCCOLATAIO
Nel glossario inserito nel volume Poesie edite e inedite di Carlo Porta ( Ulrico Hoepli, 1959 ), in quanto all'origine di tale modo di dire si legge: "Figura de cioccolattee": figura ridicola. Deriva dal fatto che i fabbricanti di cioccolata milanesi - famosi dal Seicento fino a tutto l'Ottocento - avevano per insegna chi una figura di un indiano, chi di un garzone intento a schiacciare cacao e zucchero, dipinti da pittori dozzinali, per lo più ridicolissimi".
Anche se l'ipotesi di un dileggio per lo "sporcamento" della faccia poteva essere applicato in modo più attinente a esercenti di altre attiviotà, per esempio a uno spazzacamino o ad un carbonaio... Come anche oggigiorni ad una figura protetta da misure di salvaguardia della dignità come lo spazzino, che non è più tale ma "operatore ecologico".
(QUADERNI, n. 5 2014 )
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