Un lemma arcaico
Si accascia nel via vai delle parole un lemma poverello, arcaico, giunto fin qui dalle sudate carte del tempo, nel suo vagabondare di secoli di storia letteraria. Lo colgo, ed è come cogliere un fiore, lo agglutino in un mio scritto, gli offro un incentivo, ché esca allo scoperto e si disveli. Ecco, la sua significanza è nell'esegesi del critico, un rebus. Passo in rassegna nella mia memoria la sua paternità: è un perditempo. Sao ko kelle terre e kelli fini... ( Italo Bonassi agosto 2004 ) Una pura formalità Resta ancora un po' mi dice. E' sola, e le piace avere gente, ma è presto, e lo sa che devo andare, non ho tempo da perdere, e, del resto, se sono lì è per pura educazione, con quello che ci ho da fare. E me ne scuso, Siedi, mi fa'. Ma io sono di passaggio, le dico, due parole e un ciao di corsa, conosce un grande numero di gente, ma nessuno, neanche uno, che le sia amico, col carattere che ha, e vive sola, e se sono da lei è per rispetto, un po' per cortesia e un po' paura. E' un atto di presenza e senza impegno, una pura formalità. E lei mi guarda come, chissà, volessi qualchecosa di turpe, diciamo pure osceno, ma non ci sto, e mi guarda di tralice, storto, una smorfia di dispetto. No, non faccio convenevoli, ma è presto, e glielo dico, e non desidero fermarmi, e poi a certe cose come queste non sono ancora pronto. Scuoto il capo: Lascia che vada, dico, non son pronto, son giù d'allenamento, e poi, d'altronde, fuori è ancora giorno, e qui fa notte. Ma tu non sai la bellezza della notte, basta un attimo, uno spegnere la luce, zitti, irrigiditi, gli occhi chiusi, e lasciarsi dolcemente abbandonare al sonno, un sonno lungo, eterno. Dice così, e quasi io le credo... Vieni, andiamo al dunque! Non mi piace la sua voce di angelo e demonio, i suoi occhi un po' cenere e un po' brace. Lascia ogni cosa qui al suo posto, dico, e il fuoco sempre acceso. E quand'è l'ora, dammi, minuto per minuto, tutta l'eternità che tu sai darmi. Tanto, lo so che prima o dopo vengo, ma intanto abbi pazienza, non c'è fretta, consòlati con gli altri, - e sono tanti, e non io solo, ad uno ad uno, in fila, passano da te a farti visita, tutta l'umanità, non uno escluso. Ti crogioli nella tua dissolutezza d'ingorda meretrice mangiauomini, vengo, sì, ma per costrizione, impossibile esimersi. Sorride. Sei un brav'uomo. mi fa', vengo a trovarti, passo verso l'alba, mentre dormi. Da quel giorno faccio le notti in bianco. Recupero due o tre ore quand'è giorno. ( Italo Bonassi novembre 2013 ) L'Immaginato Niente si sa, fa' Piero, perché il Vero non lo si sa, al massimo s'immagina, e Piero non è certo d'esser Piero ma immagina di esserlo. E questo suo umile tentativo di sembrare gli riesce assai più facile e spontaneo che essere veramente il vero Piero. Facile l'irrealtà dell'apparente, meno facile esserlo per davvero. ( Italo Bonassi, 2012 ) Capitan Fracassa Sembrano delle nacchere, ebbene: non sono che semplici dentiere che scricchiano e digrignano furiose, i sopraccigli alti e gli occhi truci che roteano tutt'intorno per lo sdegno. Sì, è vero, sono un poco esagitati, ma non preoccupiamoci, è gente usa a sgranare gli occhi e a far rumori di bocche ( parole di sarcasmo, epitteti, accuse, contumelie, e via dicendo ). Un Capitan Fracassa gli si confà a pennello, e ci han l'artrosi, urlano Dio sa che cosa e van via sgherli, con tanto d'epa: E c'è chi gli va dietro, con tanto di turiboli. Entra in scena il solito gazzettiere di regime che strilla, anzi, grugna. Quanta ambascia, da dar fastidio al Principe! Stupore e mormorii di villici osannanti col plauso della Santa Inquisizione. Certo, se vuoi restartene nel giro, accòdati alla casta salottiera dei beceri sanculotti giustizieri, che ti frega se la nave poi va a fondo? ( Italo Bonassi, 2012 ) La cosa Piero C'è una cosa dentro ogni cosa, una scatola cinese dentro l'altra. Piero, oh sì!, lui questo lo sapeva, perciò si sistemò dentro una cosa per constatare il vero dell'asserto sfuggitogli di bocca. E, stando dentro, Piero s'accorse che la cosa Piero, anche se inintuibile, celava nel nòcciolo del sul io un'altra cosa, ma più piccola, ridotta, clandestina, e, dentro questa cosa, un altro Piero, e poi un altro, e un altro e un altro ancora, tutta un'infinità di cose Piero. Dio solo poi lo sa quandi gradini di scale per discendere giù in fondo, quante le verità da proclamare, nel suo essere interminabile di cose, nel suo privato orgoglio d'esser Piero, o, a meglio dire, una cosa Piero. ( Italo Bonassi, dic. 2004 ) Appena fiorì il tulipano Appena fiorì il tulipano messo a dimora, balzò una mano e lo recise al gambo e lo collocò in un collo di bottiglia ( con sotto la bottiglia ) s'un ripiano accanto al cassettone per i novant'anni della nonna. E' tutto qui. Altro non v'è da dire, a tutti verrà dato un tulipano da recidere al gambo e collocare in un collo di botiglia ad onorare il senso del banale, preparati e pronti a piegare il capo e benedire i nostri maledetti novant'anni, basta che ci si arrivi, tulipani o no. Di certo una goduria. Italo Bonassi Senza una sola sbavatura Ha trovato nella morte un cibo di cui nutrirsi. E se n'è andato libero e felice, e non stanco né remissivo. Con perseveranza ha accumulato anno dopo anno la sua voglia di andarsene, e al più presto, con la determinata volontà del saggio. Visse così una vita dignitosa, per morire senz'ombra di peccato. Morire era per lui una priorità di vita. E l'assolse in piena regola, senza una benché minima sbavatura. Italo Bonassi La nemesi della Storia Hanno votato per la sua decadenza dal Senato, ed ora è lui, la Nemesi della Storia, a fare decadere il Senato, in blocco, al gran complesso. Una gioia sguaiata quanto effimera, come un goal da cineteca all'ultimo minuto a una partita di fine agosto. Ma la Storia insegna che non basta andar per tribunali per cacciare di scena ed archiviare per sempre chi ti batte alle elezioni. Ma a forza di tentare, chissà, forse prima o dopo ti riesce. Non è bello, però, né giusto, Machiavelli, se non erro, di questo non ne parla. |
L'attesa..
Oh, Piero...fa', si alza e si mette a ridere, poi china il capo e brontola. Per me è troppo, troppo lungo attendere, è terribile starcene qui fermi a non far niente. Pare un po' perplesso, od è indignato, dà un cenno di fastidio. Però attendo! Fermo, addossato a un palo, finge d'interessarsi alle sue unghie. Guàrdati attorno, fa', è difficile star fermi, in attesa, lo so, ma poni mente al Leviatico: il tempo non ha fretta. Senti? La rana non crocida nel fango, tace, non salta, e intorno tutto è fermo, tutta un'attesa. Immobile anche il vento, pare a disago. Che m'importa? dice Mario, io non attendo, vado. Pare sia risoluto, ma poi indugia, non muove passo. Siedi, dice Piero... - un attimo di silenzio.- Noi abbiamo, fa' poi Gino, un debito da estinguere con Dio, un compito da adempiere: starcene qui, in attesa di un qualcosa che non si sa, ma bisogna attendere. L'attesa imperscrutabile d'un'attesa... Bene, sì, io aspetto e intanto penso, come Piero, se non sia dovuto al caso il compito da adempiere, e non a Dio, penso che Lui non c'entri. Indifferente starcene, per Lui, ad attendere o andare, penso non gliene freghi proprio niente ! Fiducioso nella buona sorte, Piero fa' di sì e attende. Non c'è ombra che paia muoversi, né foglia che stormisca a un'aria ferma, e anche la rana tace. Tutta un'unica attesa di un'attesa... Tra essere e essere stato penso sia meglio essere. E noi siamo unicamente ciò che oggi siamo. Dio, dagli imprescrutabili fondali dell'eternità, da lassù ci guarda come uno guarda un bruco od una foglia di prezzemolo. Che fare? Ci hanno detto di attendere, e attendamo, anche i bruchi prima o poi sanno volare... Bene, dice Mario, prima o poi ci chiamano, è sicuro, E ci sediamo. Mancano notizie certe, ma aspettiamo. L'eternità? Un piccolo dettaglio, come quadrare i conti senza debiti.. Lassù, appena percettibile, un suono rauco di tromba. Atteso od inatteso, càpiti quel che càpita, è l'inizio del tempo senza tempo. Tutti zitti in attesa di mettersi le ali sulle spalle e mettersi avolae. L'eternità incomincia da una tomba... ( Italo Bonassi, 1998 ) Penso, dunque esisto Fisso il vuoto. E'un po' come fissare il punto di partenza delle cose che non ci sono, la magnificenza della nullità del mai esistito, e mi chiedo chi mai di noi sia il Nulla, se io o l'Inesistente. Forse io, io, la logica dell'essere, l'esistere come un Italo Bonssi, io il normale atto di quotidianità, io non esisto se non nel mio pensato. Io mi penso, e pensandomi esisto. Almeno spero. ( Italo Bonassi, 2007 ) Il guardato ed il guardante Mi dà un certo senso di fastidio essere guardato dalla gente: entrare nello spazio dello sguardo che mi getta nel passarmi accanto, è come essere partecipe degli altri, esserne possseduti e possederli. Vivere senza spazio e senza forma nei pensieri pensati dagli altri, che sentano, pensandomi, ch'esisto, che sono io che parlo, rido o piango, che dò un colpo di tosse o una risata. Essere un altro e starmi a contemplare quardandomi passare assieme agli altri con un senso di noia e di disagio solo al pensiero di poter essere l'uno e lì'altro, il guardante ed il guardato. ( Italo Bonassi, aprile 2013 ) Nell'angolo dell'orto Porca la miseria, quanto buio oggi nell'orto... Cerco a naso, il fiuto o l'odore mi facilita la cosa, e tasto l'insalata, e, s'una foglia, un non so che di molle, anzi, molliccio - forse, chissà, un bruco, - poi tento l'avventura e vado a caso nel buio e m'inciampo s'un fagiolo: no, non mi sbaglio, pare un elefante, ma pare, è solo, a quanto pare, uno - come si dice? - un coso, sì, un baccello, che altro vuoi che sia? Un pachiderma? Tutto nel buio è maestosamente grande, e lo affermo senza scrupoli di sorta, figùrati poi un pisello, un cosettino misero, un minuscolo pisello, che nel buio diventa mastodontico, di più di una sequoia. E' Dio che vuole dare la dignità del grande al piccolo, - è per questo, forse, perciò, che crea il buio, - però con discrezione e tatto, e lo fa solo nel buio angolo di un orto. E Lui sa farlo, sa accorciare il lungo ed allungare il corto, e dare la presenza a chi non c'è, ed anche all'incontrario, l'assenza a chi fa atto di presenza. Dimostralo che non è vero, se ti riesce, smentiscimi. Ma tanto, sai ch'è vero, basta che Dio lo voglia, e anche il non vero, la pulce, la può fare pachiderma e il pachiderma pulce. E' qui nell'orto, nel buio, che t'inciampi in un pisello o calpesti camminando un elefante. ( Italo Bonassi, 2012 ) Ci vuole allenamento Tredici maggio, venerdì, di sera, in pantofole di nappa e in pigiama chiude l'uscio e ci mette il catenaccio, poi s'appisola comodo in poltrona. Dopo un passo o due di sonno, dopo il dormiveglia, s'incammina nella segreta via della memoria col capo reclinato s'una spalla. E' una via dove va più e più volte appena chiude gli occhi e sogna: è un po' come allenarsi a morire giorno per giorno ( occorre farlo bene, e poi ci vuole fiato e gambe per fare certe cose, e per ben farle ci vuole allenamento ), e così, dunque, rifacendo ogni dì la stessa strada con gli occhi chiusi e il capo sulla spalla, lo sa che prma o poi certo gli riesce l'ultimo colpo d'anca che ci vuole per giungere fin lassù, al traguardo. La democrazia del domani Condizio sine qua non la pace e la democrazia in questa nostra povera Italia sconquassata: basta con quest'odio e incominciate a stringervi la mano e a rispettarvi. Non siamo mai stati la Repubblica dei bucanieri né quella delle banane, ( con quello poi che costano! ), ma attenti a chi brucia cassonetti e dà di spranga per una dittatura del domani. Ma allora molto meglio le banane, costano, sì, ma almeno non fan male... Italo Bonassi gennaio 2014 La flemma della lumaca Volano via gli anni come le rondini, volano via le rondini come gli anni nel fossile silenzio delle pietre, immobili spettatrici. Vai da un anno a un altro di gran fretta, conscio che devi andare via di corsa, andare, andare, andare e ancora andare. E non fai caso che anche la lumaca assolve il suo compito di andare, però lo fa con flemma, con cautela, col suo breve e lento passo di lumaca. Italo Bonassi 2014 Il campanello che non suona Nessuno suona al campanello, eppure è come se suonasse. Penso: E' il silenzio, ne conosco il suono, è il silenzio che preme il campanello e fa che suoni. Suona, ma non apro, sto nell'ora liquida di un quieto giorno di un sabato mattina, batto al computer, taccio e intanto ascolto una non so che strana dimensione di cose e di parole inesistenti sfumare nella camera. Un po' come un lungo sciabordio sommesso e stanco di passi, di rumori, di risate, di voci, un ticchettio di gocce dal lavello. E non c'è nulla di là, nessuno sulle scale, non c'è, lo so, ma è come se ci fosse, il Tutto e il Nulla son la stessa cosa e a volte li confondi, non distingui la voce dal silenzio, e impercettibile suona qui alla porta il campanello, è il Nulla, e tu lo sai, che si fa gioco di te, orrore e meravglia di un suono che non c'è ma sai che suona. Italo Bonassi |