Il silenzio tra le parole
Nel vuoto tra una parola e l'altra, minuscoli frammenti di silenzio s'alternano a fare un unico concerto afono, una musica senza suono. E' il silenzio con cui parlano i morti freschi di vita ancora, e udirli non è sgomento, ma gioia e pietà per chi resta. Conforto per le perdute cose che gridano i silenzi tra parola e parola dei nostri scialbi, aridi sproloqui. ( Italo Bonassi agosto 2007 ) Le cose mai esistite Spesso la nostra mente crea immagini di cose che non sono mai esistite altro che nei pensieri di chi siede, come si fa noi, a casa sua e pensa, e, pensa che ti pensa, pensa cose che noi generalmente non si pensa. Esistono di per sé senza pensarle, zitte, in attesa di venir pensate, vocali e consonanti senza voce muto plancton nel fondo di un oceano. Cose e cose che cercano una voce brulicano nell'idea di un percepiente che siede come noi a immaginarle in un pensiero della nostra mente. ( Italo Bonassi gennaio 2008 ) Tavolini al sole Dopo la pioggia sono usciti al sole dal bar le sedie e i tavolini, e vedi intanto che qua e là già brilla un bicchiere con l'acqua limonata e un bambino con in mano un gelato e la piccola cameriera filippina. E lei e lui, seduti a un tavolino, a dirsi le parole innamorate, e due tazze di caffè ormai vuote, lei col fermo sorriso sulle labbra, lui con la tristezza nello sguardo, lei che parla col seno che le balla, lui che zitto la guarda e se la mangia ( Italo Bonassi aprile 2001 ) L'Ordine dei Corvi Va avanti tu, che dopo viene il corvo... Nera e inquietante macchia d'ombra, denigrato e schiumato come pochi, ma nobile di passo e di canto, va avanti, fiero, zampettante, nonostante gli scongiuri degli astanti. Noi, inseriti all'Ordine dei Corvi, noi, gli iellati tra gli uccelli, crocifissi sugli usci delle chiese per secoli di storia scaramantica, dimostriamo una nobile corvesca superstizione nel non far le corna a chi ci dice che portiamo iella. La nostra lotta di liberazione è dire al mondo che anche "corvo" è bello, per cui, vi prego, siate generosi, e adottatevi un corvo come figlio. E' tutto un malinteso se si è neri e brutti: la Bibbia non lo dice. Leggetevi la Genesi: fu un corvo che uscì dall'arca dopo il temporale a controllare l'acqua che restava. ( Italo Bonassi luglio 2007 ) Suona, Stefano Suona, Stefano, suona. La mano corre sù e giù veloce. Roba da matti... Il canto di una voce alla sera, ua perduta irrequietezza, un tenero capriccio, e che sia donna di bordo o di bordello, che c'importa, che fa? E' pur sempre voce di donna, remota, e dolcemente canta. Una musica lontana s'accorda alla chitarra. Indelicato, il brusco rauco strepito di un treno come un addio, un saluto a chi parte. La musica, reliquia di un passato, di un tenero tempo elementare, e quella voce senza bocca e volto, e una bianca di neve coltre al davanzale, e una musica e una voce senza data e un fiore giallo pallido sul tavolo di marmo. Oh dio, come soave la voce, e ancora suona, lontana, quella musica strana. Ma intoccabile al tempo ed all'oblio, un archetipo al completo: la chitarra, le dita che l'accordano correndo veloci, e una musica gitana discreta, e lo sferraglio ormai lontano come l'eco di un malessere in fuga. Suona, Stefano, suona, suona... ( Italo Bonassi, novembre 2013 ) Se ne fa un gran parlare Sì, se ne fa un gran parlare, ma sono compiacenti sfumature di quanto d'irrisolto si presenta alla costatazione che la vita è un coso che fa schifo. E non ci basta un santo a protezione per rendera adattabile. Comunque, non ci bastano le nostre povere risose allo strategico rigore della fede che tutto può, ma solo se se si ha fede. L'interdizione di Osama ( a proposito di una storia d'intercettazioni ) Pensa!, hanno chiesto d'interdire Osama: pure lui "non poteva non saperlo", quindi quattro anni di galera e tre d'interdizione. Qui in Italia c'è chi dice che vuole fargli "un mazzo". Un mazzo: non di picche né di fiori, chiedilo a chi l'ha detto. Però Anna si preoccupa per un colpo di telefono di Piero, por laòr, ch'è in astinenza, le ha chiesto di far sesso. Due anni di galera più tre d'interdizione. Pensa: manco fosse Berlusconi... ( Italo Bonassi, 2013 ) L'Europa a due corsie Lo strapotere epulonico della Germania Voi continuate per la vostra strada, noi, poverelli, ce ne andiamo piano, come si può, e ci rifiutiamo se ci dicono di andare un po' più in fretta; certo, continuerete ad esser forti, noi continueremo ad esser deboli, ma via via voi però vi accorgerete d'essere ricchi e grassi in un deserto di poveri e magri. E stringerete pure voi, come noi, la cinghia, fino all'ultimo buco. Tutti magri, voi con le tasche tutte piene d'euro noi con le nostre piccole miserie. ( Italo Bonassi, ovembre 2013 ) Madre mia umana e celestiale Madre? Sei nel febbricitare eterno, sei nel compimento di Dio, del Suo mistero celeste, tu, parte del suo tizzo vivido di fiamma, sei nell'occhio di luce che ti accende, la ritrovata consonanza tra il tempo interminabile e quello transeunte, sei la luce d'incendio di un non so che paradiso o empireo, lassù, nel firmamento. Madre mia umana e celestiale, dammi un cenno, un segnale, un movimento di dita sul mio volto, una carezza di luce, una vibrazione di scintille di sole, un trepidante annuncio di vita oltrefrontiera, fa' che ne capti il brivido d'eterno, dimmi l'imponderabile non certo mistero - se verità od inganno, - qualunque cosa sia, madre, dimmi di sì, ch'è vero, fammi un cenno, un sorriso, e ti credo. ( Italo Bonassi, settembre 2013 ) L'occhio e la memoria Una personale interpretazione di un evento passato, la memoria non è una ricostruzione fedele, ma, un pochetto partigiana, ogni tanto dimentica qualcosa o qualch'altro ci aggiunge, perché ti dà da bere le cose che non sono, le cuce e poi le scuce a suo piacere: non certo resoconto ma cronaca di parte. La certezza dei fatti ce l'hai solo nell'occhio, scomodo testimonio che non parla. ( Italo Bonassi, 1998 ) Nuvole di pappi Se mi tornasse qualche volta in mente quella via vuota dove l'ombra cade sopra una foto su d'un marmo e un nome e un mazzo di papaveri in un vaso ( nuvole di pappi di soffioni ), io troverei le lacrime e il sorriso per strappare un segreto al paradiso. E troverei la via per continuare a dar di mio fratello un volto e un nome su ogni pappo e bolla di sapone che vedi volar via tra luci e ombre a un vento che non sfoglia ma rifoglia. ( Italo Bonassi, 2003 ) Una piccola storia Si appoggia al muro, una cicca in mano, ad ogni soffio il fumo s'inanella, lieve sale per svanire in aria, fumo di luce, spira dopo spira. Più che i suoi occhi, io osservo il fumo in un silenzio colmo di silenzio e mi vedo, io e lei soli a letto in una piccola stanza disadorna, ed il mondo mi pare un'invenzione stupida, io poco più che un soprammobile inutile. Prendimi con te appena le campane suonano l'Ave... dice, indifferente, io non penso a null'altro che alla noia del dopo, ad un sofferto dopo niente. Diafana e dolce in volto, è come un angelo, un sogno capitato lì per caso per riempire la noia dei miei giorni. Al primo tocco, quando ancora il suono non è che poco più di un soffocato lieve sussulto, sento la sua voce: Portami con te... Il tocco ora è un suono forte e si disperde in mille echi, mille portami con te... Così risalgo ancora tutto caldo dal suo cuore come uno che, affogato, ora riaggalli. Ma non mi va però di dirle grazie. Grazie, piccolo amore senza storia. ( Italo Bonassi, ottobre 2013 ) Sono venuti oggi a prelevarmi Cade la pioggia, fitta, sempre eguale, e con tutta la rabbia che ho nel corpo faccio il mio nome, lo ripeto e l'urlo perché gli altri lo gridino, lo urlino. Piove sulle auto e sulle case, schizza sui parabrezza e sull'asfalto, tambureggia monotona, uggiosa. Alzo lo sguardo e con stupore vedo la mia effimera figura d'uomo nel barbaglio di un fulmine lontano. Sono venuti oggi a prelevarmi i miei pensieri. E' tardi, e ce ne andiamo come bimbi, la mano nella mano. Una musica nuova e antica insieme il mio nome che gridano, e che grido. Grida anche tu con noi. Grida, gridiamo... Italo Bonassi La tromba Non so se fu un caso oppure il calcolo del Fato che lunedì mattina nientepopodimeno fu una tromba a rompere il silenzio. Mi rammento che mi dicesti: Ascolta, per chi suona? Il mio e il tuo volto ardevano nell'ombra delle ante ancor chiuse: eran le sette, forse, ed il pendolo taceva, s'udiva solo il ticchettio del tempo, come il battito del sangue nelle vene. Nella pace domestica la tromba dava fiato al brivido sottile di un vampo di memoria, come schegge di una musica stonata di mille e mille note. O non fu forse che a suonare fu il Caso, o una ventata fresca di rimorsi, un lingueggiante suono di voci crepitati in musica, od un'eco di un sogno ormai deserto d'anni di luce di una nostra infanzia, evocata per caso dal tormento di un suono che straborda e ci ossessiona? Chi suona? mi chiedesti, che messaggi ci porta questa tromba che non vedo, quel sollecitante suo richiamo, come un invito a decifrarne il senso? Dimmi una sola parola, anche atroce, ma tenera sia e serena la tua voce. Italo Bonassi, 2014 Sedicimilaquattrocentonove So di avere perduto tante cose, tante, che ne ho perso il conto. Contale ! mi dici. Bene, a occhio e croce sedicimilaquattrocentonove. Faccio un esempio: ho perso il nero e il bianco, il rosso, il giallo, il blu, il fuchsia, il rosa, e mi pare anche il verde, e il bello e il buono, il santo, il pio, il diavolo e l'empio, e via via ho perso gl'incontrari, con tutto ciò ch'è vivo e ciò ch'è morto ( mio padre, alcuni zii,le nonne, i nonni, ho perso anche mia madre e mio fratello, amici e conoscenti, ed anche gente vista sì e no talvolta di sfuggita, e la pazienza, sì, ne ho persa tanta, a volte qualche lacrima, un pensiero, un gesto d'amicizia, una risata, e quello che più amo. ) Son venuti e mi han portato via tutte le cose, morte e sepolte. Però non lo sapevo che giungere alla pagina che scrivo è andar oltre la mano che la scrive: Il pensiero che va al di là del libro ogni istante che passa ci perpetua. Siamo dunque eterni. Sì, pensiamo: ogni pensiero un anno in più d'Eterno. Italo Bonassi, 1995 Le marocche di Dro Salgo con la macchina i tornanti che portano sù a Drena, col vento che va e viene, una folata s'inalbera frangendosi sui bassi muri a secco di un vuoto casolare; visti da qui, i lecci ed i cipressi sembrano vecchi intenti a prender sole nel primo pomeriggio. Qui la strada sale a tornanti tra un macigno e l'altro, stretta nella frana antica ( la gente le dà un nome: Marocche ), e tra ligustri e bossi a cespi, e rovi e maggiociondoli stenti, pare che s'inerpichi a fatica, nella noia bianca di un calcare divelto. Salgo con la macchina il versante che va a Làgolo, tranquilla con il lago terso e malinconico. Un prodigio l'ora meridiana, pare sillabi parole d'aria alle sterpaglie. E' il vento, dici, il vento che si aggira tra le foglie e porta un po' di brezza e sembra chiacchieri di sé, delle Marocche. Mi fermo con la macchina a guardare il lago verso Riva. Si è sospesi a una finestra aperta sopra il Sarca; le ombre delle gazze vanno quiete nel grigio labirinto del pietrame, risalgono i dirupi del costone. Va tra le pietre, sotto il sole, curvo, uno che cerca fossili. Picchietta con un martello i sassi, rompe e scheggia spigoli, ne vedo le scintille che sprizzano. Il tempo stacca minuti al giro della ruota, li senti impercepibili cadere nell'afa meridiana come schegge di pietra, a far scintille. E anch'io, con un martello, batto sul sasso che si rompe, e il tempo scheggia memorie, ne sprizzano scintille, tante, che mi accecano, riverberi di echi che m'assordano. ( Italo Bonassi, La parola taciuta, Mercurio, Rovereto, 2014 ) |
La piccola eternità
Prega, il rosario tra le dita mentre la sera stanca si concede alle quiete scintille delle stelle. Scialba lassù la luna si riposa oltre gli ultimi tetti delle case. L'acqua intanto cade goccia a goccia dal rubinetto mezzo arrugginito della vecchia fontana, ed è un lamento d'echi che pare il pianto di una vecchia Prega, il rosario tra le dita, la morte, ha la fama di malvagia, ma ha gli occhi di Teresa quando piange, Teresa, la vecchia verduraia malata di tristezza. Passo a passo, zitta, - non ha fretta - una figura nella buia strada avanza, ha in mano una lanterna ad olio che illumina le case buie, e un velo che le cela il volto, trema avanzando in una luce d'ombre. C'è una finestra alta sulla strada che si apre e poi subito si chiude, e ebbri di meraviglia, i pipistrelli svolazzano qua e là nell'aria immota. Una donna esce da un uscio e canta, pare la donna del cucù che esce dall'orologio al botto delle ore, il suo canto è un grido che si perde nel fremito del tempo. Impareggiabile eternità, sei grande nelle piccole cose d'ogni giorno, povera eternità di un dio minore, il malinconico dio che non esiste. (Italo Bonassi ottobre 2013 ) Il punto oltre L'appena urlato, l'appena a mala pena concepito oltre le soglie della sofferenza, oltre ogni parvenza del dolore, vago presentimento d'ombre, non sai se docili o terribili, cerchi di qua e di là smarrito dove si va, e da che mai parte il punto oltre di te, l'ardente linea di fuoco elementare del cosmo, enigma indecifrato. Potresti non esistere, od esistere tra un battito di ciglia e una risata, effimero o qualcosa d'invisibile, che c'è, ma non si vede, - un poco come il tempo possibile impossibile, un profumo di mandorle tostate o di amaro assenzio, là, prima e poi del tempo, o a un tempo dopo tempo, un misterioso gioco della mente nel buio di un ricordo straordinario e semplice, meraviglia e orrore. là, l'incipit, l'incanto inimmaginabile dell'urlo. ( Italo Bonassi ottobre 2013 ) La colpa è della partitura Sempre la stessa musica, identica, cambiano soltanto i suonatori, il ritmo sincopato s'è perduto per via di una noterella, ed ora stona, oh sì, ma non è colpa del maestro, pittosto di una tromba o di un violino E poi, non far gestacci, certo è un'impresa ardua, ed ogni tanto al maestro gli cade la bacchetta o il piffero perde un là o un sibemolle, forse la colpa è della partitura in cirillico, e ci si avvalga di uno che man mano la traduca: cambiala, che aspetti?, qui ci vuole un'altra più appropriata, che si presti al caso. E così, dal "Lacrimosa" del Requiem, si possa poi sbottare al "Laudamus te" del Gloria. E, pii ed ottimisti quali siamo, si preghi intanto Dio che il Parlamento si decida a cominciare a far qualcosa. ( Italo Bonassi settembre 2013 ) Gli effetti collaterali Scritto s'una scatola di pillole di analgesici: Attenti! Questo farmaco ha degli effetti collaterali tanto forti che lo si può assumere solo quando si è in ottima salute. ( Italo Bonassi, 2013 ) Le due sorelle Vive con due sorelle, ed è contento come un pascià. E ci va pure a letto. Ma non credere però che sia un incesto, sono le due sorelle di un suo amico. ( Italo Bonassi, 2013 ) Come Rebecca Il cristiano quando accoglie un pellegrino fa come Rebecca, gli dà del vino, del pane ed il pieno di benzina. ( Italo Bonassi, 2013 ) Il pellegrinaggio Talvolta, quando noi si attende stanchi l'eternità di cui si parla e scrive, si dà un'occhiata alle nostre spalle alla vita che via via è rimasta indietro, tutta curve, tornanti e rettilinei, e gente, tanta gente, per la strada, pellegrini sulla via di un santuario. E si pensa: Anch'io sono tra loro, sì, sono io, mi vedo e non mi vedo, e, con me, ci sono i miei amici, Piero là a destra, e, dietro, Mario e Gianni ( Gianni? sono anni ormai che non lo vedo, possibile?, sì, è un po' cambiato, ma è lui ) , e poi c'è Bruna e, se non sbaglio, Carla e Lorenzo, ed altri, tanti altri, tanti, di cui però mi sfugge il nome. Avanzano a fatica, e tra di loro certo ci sono io, ma non mi vedo, forse sono coperto, ma ci sono. Un frastuono, il vocio di quella gente, come di un lontano temporale, e uno scomposto andare come in sogno di passi che risalgono la strada: a ogni passo c'è uno che si perde nell'incessante strepito del tempo. Testimone oculare del passato, dò un volto e un nome a chi mi fu fratello, compagno di cammino. E ad ogni nome sento rispondermi all'appello. Come già a scuola. E c'è chi non risponde, e c'è chi dice: E' assente. E c'è una mano di uno che non vedo in quella folla che s'alza, e la mia voce, alta e chiara, sento rispondermi all'appello: Ci sono, sì, aspettami, che arrivo! Italo Bonassi I giudici Hanno messo in prigione per errore un innocente. Beh, niente di nuovo: capita ogni due giorni. Hai mai sentito che per errore l'hanno messo fuori? ( Italo Bonassi, 2013 ) La tardona di Oslo E' venuta dal Nord, e non si lagna l'attempata tardona di Oslo E' venuta per farsi qualche bagno nel mare Adriatico, e s'è fatta un tizio di passaggio e due bagnini. ( Italo Bonassi, 2013 ) Ci sono cose Ci sono cose, credimi, di poca o minima importanza. Non per dire, ma una emme minuscola, un puntino di una biro s'un foglio tutto bianco, la caccola di una mosca, e via dicendo, hanno un insopportabile silenzio, tanto da procurarci l'emicrania. E a noi, che qui si parla ad alta voce, sai che il silenzio non si addice, meglio l'urlo, un pugno sopra il tvaolo, una cosa che cade e fa un fracasso del diavolo, o un treno che sferraglia, tutto è meglio, purché faccia rumore. Ma ora ch'è sera, e lieve soffia un alito di brezza che ci fa sognare, volano gli ultimi passeri, piano, lenti, e ci s'incanta a contemplarli, e ci prende una levità di cose amare, una straziata soavità di pianto. Bevo l'acqua fresca di una brocca, limpida e chiara ( acqua non ne bevo ) e spezzo un po' di pane e mangio e bevo l'acqua benedetta con il pane, misera eucarestia di chi è astemio. Poi mi assopisco, il capo sopra il libro, ma è un po' come posarlo s'un breviario, e attendo in sogno, e sogno che s'appressa l'ora che manca al conto della serva. ( Italo Bonassi, 21 marzo 2007 ) Abbi fede La brina ha velato di un bianco nitore gli ultimi boccioli delle rose. L'acqua è ormai diaccia dentro la pancia dell'innaffiatoio a piè della fontana, e sui gradini della scala che portano alla cripta dove dorme mia madre, è assai facile lo scivolo. Mamma è là, sapeva che venivo, e mi sorride, mi sfiora con un bacio. So che attende da anni, è tanto che le manco, ma sa che ho tante cose da sbrigare, e il tempo m'è tiranno, e poi, sì, è vero, a volte ci ho la testa tra le nuvole e penso ad altro. Lei però comprende, e forse ha tante cose da sbrigare di là, ma sono qui per por rimedio allo sgarbo. Lo sa, le avevo detto in sonno: Aspettami, che vengo... Ed ora è là, mi attende e mi sorride felice. Son anni che ti aspetto, lo sai, hai sempre tante cose da fare, e mi spiace faccia freddo, c'è il sole, ma è un sole che non scalda. Sai, poi mi fa, noi morti non si ha freddo, e ciò è una bella cosa, ma tu tremi, hai solo quel giubbotto e quella sciarpa di lana, ma è poco, e poi tu sei facile alla tosse. Mamma è sempre uguale, anche morta. La morte non la cambia, son anni ormai ch'è eterna, ma mi pare identica. Son io che son cambiato. La guardo e nei suoi occhi, stanchi ma vivi ancora, c'è il sorriso di occhi di mamma, cenere di fiamma i capelli, e tremito di labbra grinze, un bacio s'una guancia. Abbi fede, mi fa. Ha il viso triste di angelo, e sorride, ma io piango dentro di me, non voglio che mi veda piangere. Sul Cristo della croce l'ultimo barbaglio della luce del sole del crepuscolo è un tutt'uno col volto di mia madre. C'è un silenzio d'eterno, e tutto se ne va, scompare nel nulla. Un nulla ch'è di mamma, un sogno ch'è un non sogno. Un tutto nulla di vita e morte. Eternità di mamma. ( Italo Bonassi, gennaio 2013 ) Mia povera Italia Mia povera Italia che non sai che odiare, anche un morto ( e perché i morti, anche se da vivi criminali, non esistono più, non fan più male, quindi attendono la pietà, non il perdono, dei vivi ). Pensa, fosse morto l'uomo ch'è il più amato e il più odiato, immagina il disordine cattivo, gli sputi, gli improperi, le parole di odio, i calci e le sassate sulla bara durante il funerale... Qui oramai si odiano anche i morti. Dicono che si sia fatto da anni un bunker per sepolcro nel giardino della sua villa ad Arcore, in tal caso non si dovrà girare in lungo e largo, come per Priebke, per un po' di terra ove metterlo al sicuro a riposare saecula saeculorum. La prudenza non è mai troppa, neanche per i morti. Povera Italia, che non sai che odiare... ( Italo Bonassi, settembre 2013 ) Anche i preti odiano Un prete che ha affermato: Venga nella mia Comunità e gli faccio pulire i cessi... Mi auguro che abbia un'edizione del Vangelo ( e lo dovrebbe avere, visto ch'è un prete ), a meno che non l'abbia barattato, che so, col Capitale, quello di Marx, comunque sia è un prete, ma di quelli che ci insegnano ad odiare il prossimo. Odialo come te stesso. Socio del manipolo impegnato dei sacerdoti clerico-marxisti, di coloro che che scagliano le pietre all'adultera ( ma poi fanno di peggio ), ed altre, se ne avessero d'avanzo, senz'altro tirerebbero anche a Cristo, che ha parlato d'amore e non di odio. Dai, coraggio!, getta via le pietre, e, se ricordi come si fa a pregare, fa' uno sforzo, lascia Marx, e prega Dio di dirti come si fa a amare anche e in primo luogo chi si odia. ( Italo Bonassi 2013 ) Vento e controvento Vento e controvento tra orti e torri saracene, una comunione d'aria dolce e familiare, come un suono docile - o d'umore agro, - un lungo fischio, lassù. Un non so che, un alito, un aliare di brividi. Tacere, parlare e poi tacere e poi gridare, tormento inenarrabile di voci, di risate, di silenzi, pulsione di un arioso dialogare di vento, uno scrivere parole su foglie d'edere e cipressetti con le grida che fan tinnire i vetri delle case. Parole, oh sì, non sono che parole di aria, parole da tacere, parole da gridare, per andare ad aggredire l'alba, un volo cinguettante di uccelli migratori che vanno, e non lo sanno dove. Italo Bonassi Ponzio Pilato Talora, quando sento dire ch'è meglio che si mandi tutti al diavolo, e prenderci le nostre cose, e, via!, ( come a dire che si taglia la corda. mossa a mio parere coraggiosa e non vile ), mi entusiasmo e approvo. Bello, oltre che nobile e normale mettersi un poco a posto la coscienza col dire: Meglio camminare tra ipotesi e incertezze, che star fermi ed ancorarsi al palo tra certezze e dogmi filosofici. Ciascuno vada dove vuole e quando vuole, scelga se fa nuvolo o c'è sole. In un mondo non nostro, sta alla Storia con la esse maiscola a decidere chi ha torto e chi ragione. Per intanto me ne lavo le mani, e sto a aspettare. Vado per la mia strada, e son contento che nessno di voi mi venga dietro. Italo Bonassi L'andirivieni Senza un colpo di telefono o un biglietto di scuse, se n'è andato. Resta il silenzio e un paio di ciabatte a piè del letto, ed un cappello nel vestibolo, un po' liso, s'una gruccia. Se n'è andato, e non so chi, ma se n'è andato, e chiudo gli occhi e cerco di pensare a un nome oppure a un volto - ma d'altronde, dimmelo, che t'importa?, c'è pur sempre, penso, in ogni attimo, qualcuno che se ne va, e qualcuno che ritorna, e, non dimentichiamolo, che resta. - Non chiedermi chi sia né dove vada, c'importa solo il nome di chi viene, perché, come tu sai, quello che conta è l'esserci, e non l'esserci stato, è a lui che chiedi il nome ed il cognome, è a lui che dai un volto, - a lui che viene.- Lo prendi sottobraccio e gli domandi se resti oppure no, e per quanto tempo, se spezzi con te a tavola del pane e brindi festeggiando il suo arrivo. Poi, se ne va anche lui, e, pazienza, lo guardi mentre va e intanto aspetti. Il tempo non ha fretta, stai seduto sulla tua sedia e guardi alla finestra chi se ne va, chi viene e chi resta. E tu sei lì, e non puoi farci niente, anzi, a ben pensarci, sei nel giro anche tu, come loro, e vai e vieni. Tutto un un unico, tu e loro, andirivieni, E, se vai, è non per molto, perché torni. Italo Bonassi |