Il pane di casa
Miseria di tramonti e di albe di cieli lontani, miseria anche oggi che amara è codesta strepitosa dolcezza di spirito e più forte mi tenta la voglia nell’ora di pranzo di metterci a tavola. Sediamoci e mangiamolo insieme padre, ancora una volta, e anche con te, con te, madre, e la nonna sempre là, al suo posto, ai fornelli, in cucina, quel pane profumato di casa, in silenzio, parlandoci con gli occhi, nella luce di giada di un marzo d’allora, acceso di un giallo infuocato di forsizie. Non sai con quanta dolcezza ti parli pensando al passato ( non m'importa il presente, il presente è miseria, non m'importa nemmeno il futuro ), io vivo dei guizzi di fiamma di mille e mille memorie, felice di non saperle o volerle ignorare. Proprio oggi sarà festa grande sù in cielo, mi piace pensarlo, ci sarà tanta gente a far festa alla nonna, è il trentuno di marzo, e nonna fa gli anni ( son tanti, ma in cielo non conta ), e sorrido a pensarla commossa e stranita, ritrosa a chi le fa ressa e festa d'intorno. Qualcosa di noi sopravvive quaggiù, e anche nonna ha lasciato qualcosa di umano, di donna, e lo senti, più grande di te, nel silenzio del farsi e disfarsi del tempo instancabile, un qualcosa che non sai di pensato o scordato, grandioso quel tanto o quel poco che tocchi col dito, un bagaglio di cose tra effimero e eterno, un sentore ( un miraggio ) d'infinita impotenza e dolore. E allora, mangiamolo ancora quel pane, ma io qua e tu là, vicini e lontani da Dio, uniti e divisi, tu in cielo lassù, io in terra quaggiù, quel pane profumato di casa. ( Italo Bonassi ) Metti che siamo noi Metti che siamo noi a far certi discorsi per cui gli altri poi ci applaudono, noi, gli esimi conversatori, a dire al momento più opportuno parole s'una vita di là da divenire, e su come noi saremo sempre lassù beati, noi e il nonno artritico, un po' bolso, ad aspettare, ma sì, un piatto di lasagne che non viene, noi e il papà e la zia coi bigodini, nel salotto sù in cielo, a chiacchierare con gli angeli e a giocare alla lippa e a moscacieca coi santi. Rispondere di sì a ogni domanda, senza remora alcuna, e senza ambascia se un'altra vita ci sarà. E sentir batterci le mani e gridare evviva. ( Italo Bonassi ) L'ombra di Dio Appena nella piccola cala il crepuscolo gonfiò il mare, fu un gorgoglio di acqua e di vento a dare musica e canto alla risacca. L'ombra di Dio levitò nell'aria grande, tra gli uomini senza nome, fragili architettature. Fu l'illusione di attimo, e poi anche Dio se ne andò, scomparve. E in noi sortì una dolcezza amara, come un'alba nascente in un tramonto. ( Italo Bonassi ) Piovve la notte Fu il tempo a rompere ogni indugio. Piovve la notte sui cipressi. Come una silenziosa anima di fuoco, un piccolo falò ondeggiò nel buio del camposanto. Nella solitudine la luna era una grande magherita bianca senza petali: alzava il candido suo lucente capolino oltre gli alberi del vecchio cimitero. Tutt'intorno anche la morte ora dormiva. ( Italo Bonassi ) I diritti dei gay Via di questo passo, a poco a poco diventeremo tutti omosessuali, con gli etero al bando. D'altro canto, bisogna pur risolvere il probema della scarsa natalità degli italiani. ( Italo Bonassi ) Come Rebecca Il cristiano quando accoglie un pellegrino fa come Rebecca: gli dà del vino più il pieno di benzina per la macchina. ( Italo Bonassi ) Una vocale da gridare Dentro ogni parola ci sta il vuoto del silenzio tra una sillaba e la l'altra, un silenzio d'immota sentinella come un accento sopra una vocale, un vuoto ch'è un frammento di parola non detta, una parola da gridare che n'esce con un suono lene o grave come un piffero stonato. Una vocale immane che ci empie di silenzi, il rumore insopportabile del vuoto, una pausa con tutto quanto dentro che serva al nostro vuoto dopo niente. ( Italo Bonassi ) Vieni nell'immortalità Vieni nell'immortalità,...mi dice. Siede a me di fronte, vago, etereo, come un fantasma o un angelo, ammesso che gli angeli esistano davvero, e si possano sedere a chiacchierare con uno come me, che non gli crede. Vieni, mi fa, e non aggiunge altro, e un brivido mi corre per la schiena, viene da un altro mondo, e pare stanco, affaticato, è tanto che cammina, ed io mi sento un po' impacciato e in colpa con lui, il tempo non cancella tutto, ma ci lascia l'essenziale, un tizzo di memoria a far da brace. E' un mattino rigido, Natale è qui, alle porte, e un candido lenzuolo di neve ricopre il davanzale e c'è un odor di fuoco ancora acceso e una luce piatta, un mezzo albore a vampe brevi i tizzi di castagno che scricchiano consumandosi tranquilli. Per anni non ci siamo detti nulla, fuorché con gli occhi, solo pochi sguardi per dirci tu non sai quante parole, quante!, nella quiete quotidiana dei nostri dopocena, lui la pipa e i soliti cruciverba, e io la biro, di quelle che che ti macchiano le dita, e un foglio quadrettato di un quaderno per metter giù parole su parole a un crepitio di brace a far memoria. Ora non è più il tempo per tornare ai nostri dopocena, si dilata e si contrae il respiro della sera, quel poco che rimane: la partita dell'Inter - la ricordi? - di Mazzola, Bùrgnich, Tagnìn. Facchetti, ed altri ancora, tanti, e che Dio li abbia in gloria saecula saeculorum. Fotogrammi di vecchie scolorite sensazioni che la pietà del tempo ci rinnova e stempera in idillio di memoria. Vieni nell'immortalità... Oh sì, non oggi, oggi è Natale, e ho altro per la testa, un giorno sì ci vengo di sicuro, tutt'al più domani, però senza gettoni di presenza da timbrare di là, il tempo già ci accredita dolori e privazioni, e se verrà qualcosa che verrà, irrevocabile sarà il silenzio imposto alla ragione. L'eternità... un piccolo dettaglio per chi non crede, un faro per chi crede. Italo Bonassi La superiorità etica Ma dove sta questa presunta superioità etica di chi fa il politico? Io non me ne accorgo, anzi, - e non credo d'essere un idiota se sono un apolitico. - E' un caso tipico di manuale da Regime deridere chi non ha buttato l'encefalo all'ammasso. Ovvero: o stai con me o sei un nemico... L'esistenza Se i fantasmi fossero di pietra, li udirei questa notte rotolare come ciottoli per le stanze e il corridoio. Tendo l'orecchio e ascolto: c'è un rumore di ciottoli, o son passi di qualcuno quelli che sento, e danno un suono vago di pietre - o sono passi - che si muovono cadenzando il silenzio della stanza, e lievi lievi giungono al mio letto e poi a un tratto cessano e s'alza una voce od un rumor di pietra, o piede, che mi pare che borbotti, biascichi qualcosa. Un mormorare strano che non comprendo. Ma chi sei? gli faccio. E' oltre mezzanotte, mia moglie è ancora lì, in soggiorno, davanti ala tivù. Non c'è che il vento, fuori, tutto il resto tace, il vento che borbotta qualche cosa all'albero giù in strada. Ma chi sei? ripeto. La voce mi si strozza in gola, un rantolo, non so se per paura o altro. Io sono l'Esistenza, mi fa, - o mi pare - e aggiunge biascicando altro che non comprendo. Fuori, il buio rotola tranquillo silenzi su silenzi, e non ancora il gallo ha incominciato a cantare, e tutto è buio, e la luna dorme tranquilla. Cauto, scosto il cuscino e siedo, i piedi a terra, sul bordo del mio letto, ma la voce ora tace, e il buio è tanto fitto che non si vede nulla, solo un fioco fiotto di luce giunge dal soggiorno, là dove c'è mia moglie. E intanto fuori l'albero ha terminato di frusciare e il vento s'è acquietato e c'è un silenzio d'attesa, e non si sa di cosa. O forse è il gallo, fuori, ormai pronto, forse è lui a cantare. Dio, come tremo!, stento a dir qualcosa, e gli chiedo sgomento chi mai sia e cosa voglia, chiedo, e non risponde, trema anche lui, e lo sento camminare allontanandosi senza far rumore, solo un respiro, un battere di foglia, di ali di farfalla. E la porta chiusa silenziosamente alle sue spalle, e poi più niente. Fuori, il gallo ha incominciato a cantare. Italo Bonassi Non esiste il colore "giallo" No, non esiste il colore "giallo", il "giallo" è solo un nome, un'invenzione, un qualcosa che distingue il girasole dal "rosso" della rosa. E l'inventore ( l'ideatore della parola "giallo" ), vista la prima volta il girasole, chissà perché ha pensato dargli il nome "giallo", e non, poniamo il caso, il nome "lilla"?, Lo avrebbe subito affibbiato al primo fiore capitatogli per caso al bordo della strada ( al girasole ), così che nominando nel parlare il fiore di cui sopra, ora diremmo che il girasole è un fiore color "lilla", e "lilla" il granoturco e l'oro e il sole. Ed è perciò soltanto un puro caso se il girasole ha il colore giallo. Italo Bonassi Cento anni Giunti ai cento anni, invertire la rotta e ritornare indietro come i gamberi, arraffare tutto ciò che si può, riannodarsi il nodo alla cravatta, riassettarsi la giacca ed i capelli e proseguire, anche magari a colpi di machete, lungo la via che porta alla partenza, dopo un'occhiata esplorativa, sui prossimi cento anni da iniziare. Italo Bonassi La nientità del Niente Era un niente, uno sfiorare appena il Niente con il niente di un dito per porlo poi s'un labbro e sul mento e sentirsela, la nientità del Niente, nel niente del suo non esser niente, uno sfascio di cose inesistenti, un buio che fa buio dentro il Niente. Era il Niente, e lui ci stava dentro a suo bell'agio col suo nome Piero che non voleva dire proprio niente, immobile, silenzioso, ad occhi chiusi perché il Niente fosse ancor più niente, un dito che si posa sopra un labbro a chiedere silenzio, il silenzioso terrificante non essere che niente. Italo Bonassi |
Madre umana e celestiale
Madre, sei nel febbricitare eterno, sei nel compimento di Dio, del suo mistero celeste, sei vampa del suo tizzo vivido di fiamma, sei nell'occhio di luce che ti accende, sei la ritrovata consonanza tra tempo eterno invalicabile e quello transitorio, sei una luce d'incendio di un non so che paradiso o empireo, lassù nel firmamento. Madre mia umana e celestiale, dammi un cenno, un segnale, un movimento di dita sul mio volto, una carezza di luce, una vibrazione di scintille di sole, un trepidante annuncio di vita oltrefrontiera, fa' che ne capti il brivido d'eterno, dimmi l'imponderabile non certo mistero ( se verità od inganno ), qualunque cosa sia, madre, madre mia, fammi un cenno, e credo. ( Italo Bonassi ) Qualcheduno mi guarda Qualcheduno mi guarda mentre guardo, ed io guardo qualcuno che mi guarda. C'è sempre qualcheduno che mi guarda, anche tornando indietro dentro il tempo, fino a trovarvi un grande spazio vuoto in cui nessuno ( o solo Dio ) ci guarda. Qui, nella profondità del mio sguardo, nasce la mia identità di essere, brulica la mia vita d' uomo-dio, che sopravvive al mio uomo-uomo e mi perpetua qua e là in un fiore, in un albero, in un merlo od in un grillo. Questo è il mio futuro, forse: una futura immanenza d'anima, soffio di vita di un mio io nascente di là dal cielo, oltre ogni altro oltre. ( Italo Bonassi ) Oltre il muro Ci sono solo alberi e campagne, eppure, - chi lo sa? - si sentono parole. E sai cosa?, un muro a secco diroccato e un tabernacolo con tanti anemoni di bosco e primule. E non si vede altro: né case, né uomini, né strade, o appena appena un pallido riflesso, una vita-non vita. O forse è il vento, -una voce tra gli alberi fioccosi, - un barbaglio di vento ancora acceso. Come un moribondo paradiso abbandonato molti anni addietro, un sospetto di esser stato eterno. ( Italo Bonassi ) Però non dirlo Non indulgo nell'autocommiserazione, so che ho da fare per reagire ed essere più forte, anche s'è logico pensar che prima o poi gatta ci cova, né si pretende che le cose cambino se ogni volta si fa le stesse cose. Le montagne non si muovono da sole, attendono da noi che le si muova: perché la gioia nasce dall'angoscia come il giorno che nasce dalla notte e il gallo canta e il buio si fa luce. Ma non dirlo, o ti prendono per matto... ( Italo Bonassi ) Imbarcazioni, quante! Imbarcazioni, quante! Vanno al largo abbandonate a un vento di maestrale. Chissà se la partenza è improrogabile, cade la prima guazza dell'dell'autunno... Perché partire prima che sia inverno? E' il vento che le porta. Ma anche tu hai la valigia e parti. Ed io rimango, anche se sono l'ultimo. Non vado. Sono la vela ferma, senza vento. ( Italo Bonassi ) Frammenti ( Italo Bonassi ) Tanti erano i lampi e i tuoni che alla fine venne giù la pioggia oltre a un pezzo di cielo, due mattoni e tre santi mizzi in camiciola ( mizzi: in dialetto trentino: bagnati fradici ) E' venuta dal Nord, e non si lagna l'attempata tardona di Oslo. E' venuta per farsi qualche bagno nel mare Adriatico, e s'è fatta tre tizi di passaggio e due bagnini Vivere è un po' come morire: perfettamente stupido, ma innocuo Socrate non è che sia un filosofo, né ha voglia di bersi la cicuta; dicono preferisca l'aranciata, è pingue, taccagno e litigioso, è un tipo che dissente da sé stesso da sempre. Ma oggi fa sul serio, ha sbattuto la porta e se n'è andato al bar a bersi una gassosa. Piero ci ha il mal di testa, Anna invece ci ha il mal di capo. Ecco ciò che hanno, ne deduco, dai sintomi, che ci hanno l'emicrania. Ma io, che non so che cosa sia questo ronzio di api nella testa, mi domando che sia, se l'emicrania o il mal di testa oppure il mal di capo. Nulla di tutto ciò, perché è tutt'altro che mal di capo o testa od emicrania, ma tutt'un'altra cosa: è cefalea. Scritto s'una scatola di pillole di analgesici: Attenti, questo farmaco ha degli effetti collaterali tanto forti, che lo si può assumere solo quando si è in ottima salute. ( Italo Bonassi ) Gli uomini uccidono le donne Gli uomini uccidono le donne? Bene, si faccia subito una legge, e vedi che la smettono. E se capita che un giovane si butta da un balcone per via ch'è omosessuale, c'è chi dice che certo qui ci vuole un'altra legge contro l'omofobia. Ma metti caso che un etero che venga abbandonato da una donna si spari alle cervella, che si fa? Una legge che impedisca di essere mollato. E se si uccide un ragazzo sgridato da sua madre, si faccia un'altra legge per proibire i rimproveri delle madri. Come vedi, basta una legge - un colpo di bacchetta - e la gente la smette di buttarsi dal treno o dal balcone, e le madri finiscono finalmente di sgridare. Potenza della Legge. Comma nove paragrafo trentotto barra quattro. Italo Bonassi Nuvole? Sereno? Temporale? Nuvole? Sereno? Temporale? Scroscio d'acqua violento o fievolissimo gocciolio di un'acqua di rugiada sui broccoli estenuati dall'arsura? Famelici di pioggia, ringraziamo Dio, battiamogli le mani. Signore, fa che piova.... Ed ecco, tutto un fuoco di fila di bagliori di fulmini - se non fulmini, saette, dardi, baleni, folgori, o che altro, fulvi funamboli di lampi, tutta una sfuriata di bufera. - E piove sopra i poggi ed i poggioli, piove in un modo poderoso sopra i poderi, spersi cascinali giù da un podio di nuvole in tempesta, non sai se durature o di passaggio, ma, temporaneo o no, è un temporale giunto a tempo debito, tempesta, diluvio, nubifragio, grandinata, turbine, procella, fortunale e altro di più. Ci vuole temperanza, oltre a temperamento, a stemperare tempestivamente la paura della grandine - la temperatura pare propizia ad una mitragliata di chicchi di tempesta. - Solo Dio, lassù, dove torreggia, può mutare il tempo ed il maltempo, sì, Lui, che sta lassù, dove grandeggia, su noi, quaggiù, e che si piccoleggia. Italo Bonassi La cena del Signore Sera nel crepuscolo del sole che via via declina verso il mare. Mamma, non siedi? Stai sul tufo spoglio della tua terra avita. Mamma, è affanno, dimmi, il tuo respiro? Quel grondare la fronte di fatica alla bevuta alla fonte...Guardi l'orizzonte di rossi fuochi e d'iridi irreali. Vedi e non vedi, o forse è disincanto, forse sorriso o pianto, o solo ombra immacolata di memorie dirute, che ti viene accanto. Eccola, appare e non appare, un poco d'acqua fresca e un pane caldo che mamma t'offre, la cena del Signore. Figlio, sei stanco? Mamma va per acqua, n'empie la sua ciotola e te l'offre. Bevi, e se hai fame, mangia... Mamma è sempre qui e ancora oggi, quando la notte muore e arriva l'alba, t'indica la strada... Adesso è stanca, siede s'un muricciolo e si riposa. Un'eco di una memoria e una carezza sul capo chino di mio padre. Mamma, ma quella fisarmonica che suona fa un mulinello d'aria, ed è per me che suona.. Un po' di vino, due zeppole e tre noci. E' melodia, canto nel vento che dispiega e ammanta di svelate evanescenze e ombre su zampilli d'acqua. Suoni, sorrisi, rintocchi di fantasmi. Mamma è tutto questo. Mamma è morta. Figlio, sei stanco? Mamma non è morta... Italo Bonassi Il nome Non è Piero, il caro vecchio Piero, ma è il suo nome quello che mi guarda, e, guardandomi, mi parla e mi conferma d'esserne il suo nome, una non-persona nel termine reale, eppure pare, e non lo è, la persona Piero. Ma io mi chiedo, e glielo dico, a Piero, ( al nome Piero ), se sia anch'io il nome di quel che sono, e non l'originale, una cosa magari ben riuscita, tanto che sembro io, e guardo e parlo come se fossi io, non il mio nome. Beh, lui mi fa, lo sai, e mi sorride, il nome non ha un corpo, è solo un nome, Piero, ad esempio, è il corpo, ed io il suo nome. Piero è l'io di base, ed io un qualcosa di assai di più, io sono ovunque dove ci sia chi per nome ha Piero. Io, Piero senza corpo, solo nome, io sono ovunque vai e ovunque chiami, e basta che ci sia chi ha il mio nome, chiamali, e vedrai che ti rispondono e corrono all'appello, i nomi Piero. Non so che dirgli, so che anch'io ho un nome, e lo dico e ripeto ad alta voce, e ogni volta, a gridarlo, gli do vita, a gni grido che un Italo che nasce e gria il nome Italo, ed altri, altri nomi Italo, rispondono e corrono all'appello, nomi e nomi Italo, e ciascuno lo grida e lo ripete ad alta voce, e altri nomi ncominciano a gridare e a coerre all'apello: Mario, Franca, Stefano, Anna, Paolo, Carlo, Gianni Italo Bonassi Una pacca s'una spalla Qualche volta, nel radermi allo specchio, mi esamino con occhio intenditore da cima fondo, dentro e fuori. Oh dio!, sì, non è ch'io sia il meglio, poco preò ci manca. E mi sorrido con una pacca s'una spalla e un bravo! La sete nel bicchiere Penso talora se sia io che ho sete, o non piuttosto sia il bicchiere a averla. Nel lucchichio di un sorriso spento ti vedo in un angolo d'incanto, irraggiungibile, e spengo la mia sete con quella del bicchiere. E tu appari e poi subito scompari nel pensiero che via via passo a passo m'accompagna. Bevo, od è il bicchiere che mi beve, ad ogni sorso bevo e son bevuto; eri la sete del bicchiere, e ora sei il bicchiere senza sete. Italo Bonassi Solo a Cuba Mai, da che mondo è mondo, in una democrazia che si rispetti una tivù di Stato si compiace, durante le elezioni, di guidare una campagna di denigrazione contro l'opposizione. Solo a Cuba lo fanno. Sì, ma là c'è Fidel Castro, anzi, suo fratello, dittatore per via ereditaria. Solo a Cuba. Ammesso che ci sia un'opposizione. Italo Bonassi |